Quanto costa un figlio : da un articolo di Panorama il costo di un figlio
L'Associazione si riserva di verificare i dati pubblicati da Panorama, in quanto da recenti Studi Universitari l'orientamento, giustificato da comportamenti sociali di coerenza economica, vanno in un altra direzione.
Da un articolo di Panorama, pubblicato il 23/02/2006, i costi di un figlio, suddivisi per redditi, età e localizzazione geografica, con percentuali, che decrescono al crescere dei redditi di entrambi i genitori.
I costi sono suddivisi per capitoli di spesa e attribuiti a redditi medi conseguiti al nord, centro e sud.
Emerge che a 3 anni il costo assorbe una percentuale che va dal 15% al 17% dei redditi.
A 6 anni dal 17% al 20% dei redditi.
A 16 dal 20% al 23% dei redditi.
Il link di riferimento
http://www.panorama.it/italia/cronaca/articolo/ix1-A020001029351
L'Articolo In media 230 mila euro per mantenerlo fino a 24 anni. E al crescere del reddito il conto sale. Lo rivela la ricerca di un gruppo di studiosi di Firenze. Piena di sorprese.
di Guido Fontanelli dal sito internet: www.panorama.it
«Cari bambini»... Si fa presto a dirlo, ma quanto esattamente sono «cari» i bambini? Quanto costa mantenere un figlio, dall'acquisto dei primi pannolini fino alla laurea? Beh, se state programmando di mettere al mondo un erede, preparatevi a investire nella nuova avventura una cifra vicino a 210 mila euro, che salgono a 230 mila se dovrete affidarvi alla baby sitter. È una spesa media, per una famiglia dell'Italia centrale che guadagna 3.500 euro netti al mese. Naturalmente il conto sale con l'aumentare del reddito. Famiglia del Nord con entrate nette per 5.200 euro? Ding! Almeno 300 mila euro di spesa per tirar su un figlio fino a 24 anni d'età. Senza contare rette di università o il mantenimento fuori sede.
Cifre impressionanti, nate da un'indagine lunga e affidabile: grazie a una separazione mal digerita, a un professore di fisica e a una battaglia civile. Le stime sul costo del mantenimento di un figlio che Panorama pubblica in queste pagine sono il frutto del lavoro di Marino Maglietta, 64 anni, docente di fisica all'Università di Firenze, due figli. Dopo la separazione e la scoperta dei limiti della legge sull'affidamento dei minorenni, nel 1993 Maglietta fondò l'associazione Crescere insieme. Obiettivo: modificare la normativa e introdurre in Italia l'affidamento condiviso, in modo che entrambi i genitori, pur separati, restino responsabili della cura e dell'educazione dei figli, anche se con tempi e compiti diversi: proprio nel prossimo mese di marzo la sua proposta di legge arriverà finalmente alla Camera.
Ma in questo progetto diventa fondamentale stabilire quanto costa davvero crescere un bambino: una richiesta avanzata anche dai magistrati, che devono quantificare il contributo dei genitori al mantenimento dei figli. E un'esigenza sentita da tutti quelli che lavorano alla costruzione di accordi tra ex coniugi (mediatori, avvocati, i genitori stessi) ai quali serve un punto di riferimento oggettivo e uniforme. Maglietta si mette al lavoro nel 2000 coinvolgendo colleghi della facoltà di statistica dell'Università di Firenze e la Regione Toscana, che finanzia il progetto. Il team elabora i risultati dell'indagine Istat sulle spese degli italiani, che coinvolge 40 mila famiglie. Aggiunge una prova sul campo su un altro campione di 3 mila famiglie. Confronta le proprie con analoghe tabelle compilate in Germania, Svizzera, Danimarca. Applica vari correttivi statistici. E alla fine mette a punto un sistema basato su dati oggettivi che permette di stabilire il costo mensile del mantenimento di un figlio considerando età, reddito dei genitori, zona di residenza, numero di eventuali fratelli.
Risultato? Per esempio, per mantenere un bambino di 3 anni, una famiglia del Centro Italia che guadagna 3.500 euro netti deve spendere circa 580 euro al mese (baby sitter esclusa). La voce più pesante tra le spese dirette è l'alimentazione, mentre tra i costi indiretti al primo posto c'è la casa, che si presume debba essere più grande per ospitare il nuovo membro della famiglia. Se poi c'è bisogno della baby sitter, il conto sale di circa 130 euro al mese. E ovviamente, quando il figlio cresce, anche la spesa di mantenimento aumenta: a 16 anni il conto mensile è di 200 euro in più rispetto a un bimbo di 3 anni. Tra le spese che crescono di più, istruzione, svaghi, vacanze.
Le differenze tra Nord e Sud sono tutto sommato limitate: un figlio cresciuto al Nord costa mediamente appena il 6 per cento in più rispetto al Mezzogiorno. Ma va ricordato che le spese considerate nell'indagine sono quelle comuni a tutte le famiglie italiane. Non tengono conto per esempio della mancanza cronica di posti negli asili nido pubblici o della distanza dei nonni nelle grandi città: tutti fattori che fanno impennare la bolletta figlio nelle metropoli. In particolare al Nord.
Naturalmente con l'aumentare del reddito familiare cresce la spesa per i figli, ma cambia di parecchio la sua composizione. Si spende solo un po' di più per dare da mangiare al bambino, mentre salgono rapidamente i costi dei trasporti, delle vacanze, dell'istruzione. Una famiglia che porta a casa 2 mila euro netti di stipendio spende in svaghi e vacanze per il figlio di 9 anni circa 60 euro al mese. Un'analoga famiglia che guadagna più del doppio (5.200 euro) ne spende oltre 150.
Fin qui la fotografia, anzi il conto, di quanto sono cari i bambini. Ma i genitori italiani hanno modificato nel tempo la spesa verso i loro figli? Secondo Enrico Finzi, sociologo e presidente della società Astra, è così. E per almeno cinque buone ragioni: «I bambini sono sempre meno. Ed essendo una risorsa scarsa i genitori vi investono di più. Poi aggiungete il senso di colpa: in un mondo dove si ripete che è bene vivere con i figli ma non ce la si fa perché si lavora tanto, la spesa per i bambini diventa riparatoria. E ancora: siamo in una cultura del nuovo, l'usato non esiste più, non si riciclano le cose dei fratelli e dei cugini, che spesso non esistono neppure».
Altri due elementi giocano a favore del dare troppo ai figli: il crescente conformismo sociale, che obbliga i figli e i genitori a comprare «quello che hanno anche gli altri». E il potere contrattuale più forte dei ragazzini: non solo godono di una situazione di monopolio (spesso sono figli unici), ma hanno anche un livello di competenze specifiche (videogiochi, telefonini) che i genitori non riescono a controllare. Quindi tenete duro, non spaventatevi, possibilmente non fermatevi a un figlio: il secondo, come provano le tabelle del professor Maglietta, costa il 30 per cento in meno del primo. E ricordatevi di quello che diceva Winston Churchill: «Non c'è per nessuna comunità investimento migliore del metter latte dentro ai bambini».