REPUBBLICA - Separato, disoccupato - Non ho più soldi né lavoro
TORINO - Ha sempre lavorato. Magazziniere, portinaio, aiuto cuoco, artigiano. Non è tossicodipendente. Non ha problemi di alcolismo. Non è un pregiudicato. "Sono semplicemente un uomo disperato che ha perso tutto" dice Gianni Giliberti, 39 anni, tre camicie da lavare in un borsone nero e niente altro.
Lunedì pomeriggio alle quattro gli agenti delle Volanti, agli ordini del vicequestore Michelangelo Gobbi, lo hanno trovato sul Ponte della Gran Madre. Piangeva e stava per buttarsi giù: "Mia figlia compie 18 anni e io non ho un euro per farle un regalo". Aveva già annunciato il suicidio con un messaggio nella segreteria di Telefono Amico: "Sono arrivato alla fine. Ricevo solo porte in faccia, non reggo più. Avvisate le mie bambine". Gli operatori hanno immediatamente chiamato la polizia. Gli agenti sono riusciti a tenerlo al telefono il tempo necessario per arrivare: "Con me sono stati pieni di umanità". Alla fine l'hanno convinto a desistere. Gli hanno offerto un tè caldo, l'hanno accompagnato in ospedale per un controllo. Ma il giorno dopo Gianni Giliberti è di nuovo solo. Sul ponte della Gran Madre racconta la storia di un uomo normale precipitato all'inferno.
Quando è iniziata la caduta? "Il mio grande sbaglio è stato mollare il lavoro da magazziniere. Mi ero lasciato con mia moglie. Anche lei lavorava per la stessa ditta. Non mi sembrava il caso di continuare a vederci tutti i giorni".
Quindi? "Ho cercato di fare l'ambulante al mercato, due anni di incertezza, ma alla fine il nuovo lavoro non ha funzionato".
Qual è stato il passo successivo? "L'8 ottobre sono partito per cercare fortuna a Barcellona come aiuto cuoco. Avevo 400 euro in tasca, tutto quello che mi restava. Il primo giorno ho perso il portafoglio. Il consolato mi ha prestato i soldi per tornare in Italia".
Cosa ha fatto per cercare lavoro? "Ho battuto in rassegna tutte le fabbriche della cintura di Torino, hanno il mio curriculum ma nessuno mi chiama".
Altri tentativi? "Ho cercato di inventarmi un posto da lavavetrine. Ho fatto tutti i negozi di corso Francia: qualcuno aveva accettato di pagarmi il servizio. Ma al terzo negozio i vigili urbani mi hanno bloccato. Volevano la licenza".
Si è arreso? "No. Mi sono presentato alla cooperativa Arcobaleno che si occupa di raccolta differenziata, ma mi hanno detto che assumono solo tossicodipendenti ed ex carcerati".
Dove dorme? "Per adesso mi appoggio a una pensione a quaranta chilometri da Torino. Mi fanno 30 euro per letto e cena, ma mi sto indebitando. Ho già dormito tre notti fuori".
Solidarietà? "Nessuna. Sono andato a chiedere aiuto al Sermig, mi hanno detto di mettermi in coda giovedì per sperare di aver un posto letto martedì. Davanti a me c'erano almeno duecento immigrati".
Come fa a mangiare? "Chiedo aiuto ai miei parenti, con grande vergogna. Mi figlia l'altro giorno mi ha portato delle sigarette perché ero rimasto senza. È tutto molto penoso".
Come pensa di cavarsela? "Ho davanti soltanto due vie d'uscita. O mi suicido o commetto un reato. Nel secondo caso denuncerò il Comune per istigazione a delinquere".
Perché? "Perché se tutti ti sbattono la porta in faccia non restano alternative".
Signor Giliberti, cosa vorrebbe regalare a sua figlia? "Un tetto. Un piccolo alloggio per passare un po' di tempo insieme. Mi sono iscritto al bando per la casa popolare, aspetto...".
(24 ottobre 2007) Leggi l'articolo