LIBERO del 22/10/09 - Chi fa cileccca in tribunale paghi. Basta con i giudici impuniti! -
Il quotidiano Libero, tra l'altro con enorme successo, ha iniziato la grande campagna nazionale per fare applicare l'esito del referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati.
Il referendum, stravinto con oltre l'80% di adesioni, fu vanificato dalla legge Vassalli. Chi intende aderire alla campagna puo' mandare una e-mails all'indirizzo dedicato:
giudici@libero-news.it
oppure un fax allo 02-99966264
da www.libero-news.it/webeditorials/view/3249
di Mario Giordano- Sbagliando s’impera. E chi più sbaglia più impera. Sarà per questo che i giudici comandano l’Italia? Da quando ieri il direttore di “Libero” ha lanciato la raccolta di firme per dire basta all’impunità dei magistrati, le nostre caselle postali sono più affollate di un autobus all’ora di punta. “Ero ragazzino quando scrutinai le schede del referendum sulla responsabilità dei giudici...”, ci scrive il professor Gaetano Zilio Grandi da Venezia con un vago tono da “dov’eravamo rimasti?”; “Diteci come raccogliere le firme”, ci sollecitano i responsabili dell’associazione “Figlipersempre” che si occupano di adozioni dei minori (“Sapeste quanti magistrati impreparati incontriamo...”); “Finiamola con questa casta intoccabile”, s’indigna un gruppo di lettori che ha già cominciato la raccolta per conto suo. E poi tante adesioni singole, messaggi di incoraggiamento, storie personali. Come quella di Olga, 75 anni, di Roma, che si definisce “vittima della giustizia”. “I ladri mi hanno scippato, i magistrati mi hanno disprezzato”, scrive. “Mi affido a voi...” Il direttore Belpietro citava ieri nel suo editoriale il bel libro di Stefano Livadiotti, inviato dell’”Espresso”, giornale di De Benedetti, non propriamente sospettabile di berlusconismo. Me lo sono riletto in un paio d’ore. C’è di tutto. Per celebrare un processo civile, tanto per cominciare, in Italia ci vuole più tempo di quello impiegato in Gabon o a Sao Tomé e Principe. Facciamo meglio soltanto del Congo: bella consolazione. In Sicilia, pensate, una causa su alcuni terreni si è conclusa dopo 192 anni: era iniziata ai tempi del congresso di Vienna, è finita ai nostri giorni. E a Roma, per non farsi mancare nulla, si sono tenute ben 70 udienze di un processo penale con un defunto per imputato. E poi dicono che le risorse sono ridotte al lumicino...
A ogni inizio di anno giudiziario (rito costoso e inutile: da abolire), si certifica ufficialmente la bancarotta del sistema. “La giustizia è morta”, si sancisce con tanto di parrucconi e ermellini schierati. Bene: in qualsiasi azienda i responsabili di una simile bancarotta sarebbero già finiti davanti al tribunale fallimentare. O almeno a pettinare le bambole. Invece i magistrati no, al contrario: todos caballeros, tutti premiati. I magistrati vivono nell’Eldorado dello stipendio d’oro, dello scatto automatico, avanzamento garantito e privilegio incorporato. Hanno le paghe più alte d’Europa, pensioni d’oro e 51 (proprio così: 51) giorni di ferie l’anno. Dopo 28 anni di lavoro (lavoro, si fa per dire...), cascasse il mondo, tutti raggiungono lo status di magistrato di Cassazione. Tutti, ma proprio tutti: anche il giudice più scarso, anche quello che è stato sempre nel più sperduto paesino di provincia a occuparsi di furti di pecore e sconfinamenti di capre sui pascoli altrui. Magistrato di Cassazione pure lui, all’onor caprino. Ma vi rendete conto? Il 67 per cento dei togati ha un ruolo superiore alle mansioni svolte. E gli esami per l’avanzamento di carriera registrano il record mondiale dei promossi: 99,6 per cento del totale. Per farsi bocciare non basta nemmeno sputare in faccia all’esaminatore e contemporaneamente insultare la sua mamma...
Che ci volete fare? La giustizia (giustizia, si fa per dire...) funziona così: chi sbaglia non paga mai. La sezione disciplinare del Csm è una succursale di una barzelletta. Le possibilità di incappare in una sanzione sono pari al 2,1 per cento. In otto anni i magistrati che hanno perso la poltrona sono stati lo 0,065 per cento del totale. Con sentenze di assoluzione, a volte, davvero grottesche: un pubblico ministero, per esempio, è stato perdonato perché “non sapeva ciò che andava dicendo”. E due magistrati che hanno lasciato a marcire 1040 faldoni nel sottoscala e 63 persone in galera per pura dimenticanza non sono stati condannati perché nella loro “notevolissima mole di lavoro”, dice la sentenza, il numero dei faldoni dimenticati e delle scarcerazioni non effettuate è “marginale”. Marginale? Capite? 63 persone dimenticate in carcere e oltre mille faldoni sono “marginali”...
In compenso, forse per farsi perdonare gli innocenti che dimenticano in carcere, le toghe si rifanno scarcerando con una certa frequenza boss e criminali incalliti. Lo scorso aprile 21 esponenti di un pericoloso clan barese sono stati liberati perché il magistrato si era dimenticato di depositare in tempo le motivazioni delle sentenze. Particolare curioso: si trattava di un magistrato appena promosso con un solenne encomio per la sua “elevata laboriosità”. Del resto il suo collega del tribunale di Gela, quello che ha dimenticato per otto anni di scrivere le motivazioni di una sentenza, lasciando in libertà un bel gruppetto di mafiosi, è stato premiato con il trasferimento al prestigioso ufficio di Milano. Dove si è subito distinto: ha mandato agli arresti domiciliari un marocchino accusato di stuprare i bambini. E quello, naturalmente, è sparito nel nulla.
Risultato? Il marocchino forse avrà ripreso a stuprare i bambini, ma questi stanno stuprando la giustizia. E non rispondono di nulla. Mai. Un procuratore capo cui è stata contestata l’omessa registrazione di 85.938 atti e di 28.235 notizie di reato, la mancata esecuzione di 573 pene detentive e la prescrizione di varie pene pecuniarie è stato assolto perché sì, poverino, non è riuscito a fare nulla di quello che doveva, ma bisogna capirlo “a causa della situazione d’emergenza del suo ufficio”. Ottantaseimila volte distratto, capite? A causa della situazione d’emergenza... E come ci ha spiegato Filippo Facci ieri noi non possiamo nemmeno sapere il nome: né il suo né di chi a differenza sua viene sanzionato in quei rarissimi casi in cui il Csm si sveglia dal torpore assolutorio. Ma vi pare giusto? Perché qualsiasi lavoratore del mondo se sbaglia paga, perché qualsiasi cittadino se sbaglia finisce sui giornali, e il magistrato invece no? In Italia la vera rivoluzione sarebbe una legge uguale per tutti, diceva Flaiano. Chissà perché, invece, la legge può essere diversa solo per chi veste la toga. Tanto per dire: un ex parlamentare che accusato ingiustamente di essere colluso con la mafia ha avuto come risarcimento 8 lire per ogni copia del giornale che ospitava l’articolo. Una signore giudice accusata ingiustamente di essere allergica alla saponetta, fatto sgradevole ma meno grave (parrebbe), s’è vista assegnare 340 lire per ogni copia del giornale che ospitava l’articolo. 42 volte di più. “I magistrati, insomma”, conclude Livadiotti del debenettiano Espresso, “sono più uguali degli altri”. Facciamoli smettere.
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