LA Repubblica - 25.08.12 - Umberto, il buio dopo la rottura
«LA PRIMA cosa che mi sono detto uscendo dal tribunale è stata: io qui non ci voglio entrare mai più». Umberto Vaghi, 43 anni, l' ha vissuto tutto sulla sua pelle il divorzio. Dopo undici anni di matrimonio ha chiuso la storia con la moglie, ma per mettere la parola fine alla loro unione c' è voluto un altro percorso, durato otto anni.
UN LUNGO percorso chiuso nel 2011 dopo otto anni spesi tra giudici e avvocati. «Un periodo in cui abbiamo dato le decisioni sulla nostra vita in mano a degli sconosciuti. Una cosa terribile», è la lezione di Umberto Vaghi. Tutto è cominciato nel 2004, quando i due - genitori di un figlio e di una figlia, adesso di 16 e 18 anni - hanno capito che non potevano più andare avanti insieme e hanno dato il via alle procedure per la separazione. «All' inizio è stata dura perché eravamo in conflitto. Il procedimento, poi, è stato molto lungo. Il primo giudizio per me non era soddisfacente perché non avevano dato l' affidamento condiviso sebbene la legge fosse già in vigore. E quindi ho deciso di impugnarlo». Tra litigi e incomprensioni, l' unico punto di accordo è stato quello sui figli: «Loro abbiamo sempre cercato di tenerli fuori dalle nostre questioni. Ora sono grandi e vivono tranquilli». Così si è arrivati al 2009, quando in appello il giudizio è stato leggermente modificato e si è chiusa la prima fase della separazione. «Un periodo che ho vissuto molto malee che ha influito pesantemente sulla qualità della mia vita». Alla crisi coniugale, infatti, si è aggiunta quella economica, visto che dal punto di vista finanziario affrontare un divorzio è tutt' altro che semplice. «Quando abbiamo iniziatoa separarci lavoravo come manager di un' azienda, ma sono stato costretto a lasciare il posto. Economicamenteè stato un periodo di buio assoluto».
Adesso Umberto lavora come responsabile di una cooperativa di servizi e cerca di ricostruirsi una vita, anche grazie all' attivismo nell' associazione onlus "Papà separati Lombardia". Il lungo percorso per arrivare al divorzio però è finito solo nel 2011, quando i due ex coniugi hanno deciso di arrivare a una soluzione condivisa. «C' erano ancora alcune questioni economiche da sistemare, come ad esempio la casa. Dalla mia esperienza posso dire che la separazione conflittuale non è servita a nulla, mentre il divorzio ha messo a posto tutto. All' inizio non si riusciva a parlare: i provvedimenti sull' assegnazione della casa e sul mantenimento ci mettevano l' uno contro l' altro e l' incomunicabilità rimaneva alta. Poi, dopo quel calvario, abbiamo detto basta. Vivere per cinque anni nei palazzi di giustizia senza aver commesso nessun reato è un' esperienza che non auguro a nessuno». Su quanto dovrebbero durare questi procedimenti, Umberto ha le idee molto chiare. «Io non sono per il divorzio breve, ma per quello brevissimo. Se due persone sono d' accordo e decidono di porre fine al loro matrimonio, perché devono aspettare così tanto tempo e spendere così tanti soldi tra tribunale e avvocati? La semplificazione porterebbe benefici per tutti: affettivi ai figli, economici alla famiglia che si separa e in prospettiva anche per i ragazzi». E se il consenso non c' è? «Allora è giusto andare davanti a un giudice per trovare una soluzione che tuteli tutti. Stesso discorso anche se ci sono bambini piccoli di mezzo, perché la continuità educativa va garantita. Però deve essere fatto in modo semplice e chiaro. È assurdo che ci siano due passaggi, la separazione e il divorzio, sono dispendiosi e non servono a nessuno. Basta guardare ai ricongiungimenti: una percentuale irrisoria rispetto alla marea di divorzi portati a termine».
LUCA DE VITO