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DISCIPLINA DEL TFR, DEL LAVORO STRAORDINARIO E DEI PREMI DI PRODUZIONE,

DETERMINAZIONE E REVISIONE DELL’ASSEGNO DI DIVORZIO, ALLA LUCE DELLA DISCIPLINA DEL TFR, DEL LAVORO STRAORDINARIO E DEI PREMI DI PRODUZIONE
Avv. Fabiola Grosso e Dott.ssa Antonella Bloise

La problematica sottoposta all’attenzione della scrivente ha ad oggetto la disciplina relativa al reddito da lavoro dipendente in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio degli ex coniugi in regime di comunione legale dei beni; tematica, questa, particolarmente dibattuta e controversa nel corso dell’ultimo incontro tenutosi il 17.09.2012 presso la sede di Milano in Via Vallazze n.26. Occorre anzitutto analizzare il particolare trattamento che il Legislatore ha dettato per il TFR: ai sensi dell’art. 12 bis della Legge n. 898/1970 l’ex coniuge, titolare di assegno di divorzio, e che non sia passato a nuove nozze, “ha diritto ad una percentuale sull’ indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza” di divorzio.

La ratio di tale discutibile normativa è comunemente individuata nella finalità di attuare una partecipazione, seppure posticipata, alle fortune economiche costruite insieme dai coniugi nel corso del matrimonio.

Tale partecipazione sarebbe rapportata al contributo personale ed economico dato dall’ex coniuge alla formazione del patrimonio comune (come riconosciuto dalla Corte Costituzionale nella sentenza 24 gennaio 1991, n. 23 la quale richiama “la particolare condizione della donna, che deve assumere su di sé oneri rilevanti in ordine ai compiti di natura domestica e familiare in sostituzione o in aggiunta al lavoro extra- domestico: dal che deriva l’esigenza di una più appropriata considerazione dei vantaggi e delle utilità economiche che l’altro coniuge trae dall’impegno e dalle energie profuse dalla donna nella famiglia”).

È inoltre opportuno segnalare il parere unanime espresso più volte dalla recente giurisprudenza di legittimità che, con diverse pronunce, ha contribuito ad interpretare e sviluppare il principio di diritto contenuto nell’art. 12 bis Legge n. 898/1970.

Si segnala, anzitutto, la pronuncia con la quale la Corte di Cassazione, oltre a ribadire il diritto dell’ex coniuge ad una quota di TFR parametrata alla durata del matrimonio (sempre a condizione che il coniuge percepisca l’assegno divorzile e che non sia passato a nuove nozze), precisa che tale diritto è azionabile soltanto nel momento in cui, cessato il rapporto di lavoro dell’ex coniuge, questi percepisce il relativo trattamento. Ne discende, pertanto, che la domanda volta ad ottenere la quota di TFR può essere azionata solo dopo la corresponsione di tale importo e che, pertanto, potrà essere liquidata con la stessa sentenza di divorzio o anche con un successivo diverso procedimento. (Cass. Civ. sez. I, 14 novembre 2008 n. 27233; Cass. Civ. sez. I, 16 dicembre 2010 n. 25520).

Si chiarisce infatti che l’indennità di buonuscita o TFR, non può considerarsi compresa tra i beni personali dei coniugi ai sensi dell’art. 179 c.c. esclusi dalla comunione legale (C.t.r. Liguria Sez. II Sent. 09/04/04 n.11), a meno che non sia l’unico elemento tale da determinare il saldo attivo del conto cointestato, caso in cui l’altro coniuge non potrà accampare diritti a riguardo (Cass. Civ. 3241/1989).

La scrivente ritiene inoltre opportuno sottoporre all’attenzione del lettore un’ulteriore pronuncia del Supremo Giudice che, andando ad occuparsi della disciplina del reddito da lavoro non dipendente, ha ulteriormente chiarito e sviluppato il disposto normativo contenuto nell’art. 12 bis della citata Legge, andando così a colmare una lacuna legislativa.

Sulla base di tale pronuncia, la peculiare disciplina prevista per il TFR è applicabile non soltanto ai rapporti di lavoro di natura subordinata, ma si estende altresì ai rapporti di lavoro parasubordinato (es. rapporto di agenzia). Il ragionamento operato dai Giudici di secondo grado risiede nel fatto che quelle indennità contenute nel TRF rappresentano la liquidazione di un’entità economica prodotta nel corso del rapporto dall’ex coniuge che si è quindi giovato, per la durata del matrimonio, dell’apporto indiretto dell’altro coniuge. (Cass. Civ. sez. I, 30 dicembre 2005, n. 28874). Sulla scorta di quanto appena illustrato ne discende, pertanto, che al fine di stabilire se una determinata attribuzione a favore del lavoratore rientri o meno fra le indennità di fine rapporto contemplate dall’art. 12 bis, cit. non è determinante il carattere strettamente o prevalentemente retributivo della stessa ma, piuttosto, il correlarsi dell’attribuzione all’incremento patrimoniale prodotto nel corso del rapporto, dal lavoro dell’ex coniuge (che si è giovato del contributo indiretto dell’altro coniuge).

Lo stesso principio che induce a considerare il TFR un’entità economica prodottasi in costanza di matrimonio si applica agli incrementi patrimoniali dovuti a compensi per lavoro straordinario, ai premi di presenza ed ai premi di produttività. I miglioramenti economici che costituiscono un’evoluzione normale e prevedibile, anche se priva del valore della certezza, dell’attività di lavoro svolta da ciascun coniuge durante la convivenza matrimoniale sono oggetto di valutazione per la determinazione dell’ammontare dell’assegno di divorzio (Cass. Civ. 2273/96, 5720/97, 5194/97, 2955/98, 1379/00, 1487/04).

In particolare, i compensi per lavoro straordinario, pur essendo legati ad esigenze di servizio teoricamente non sistematiche, sono, in una certa misura, una componente costante della retribuzione, in quanto costituiscono un evento ragionevolmente e prevedibilmente destinato a ripetersi nell’arco della vita lavorativa con elevata probabilità.

Se è vero, dunque, che il parametro di riferimento per la determinazione dell’assegno di divorzio è il tenore di vita in atto al momento della cessazione della convivenza familiare, è anche vero che la situazione economica della famiglia va valutata anche in riferimento ai successivi miglioramenti reddituali dovuti al normale e prevedibile sviluppo dell’attività lavorativa svolta durante il matrimonio, senza che rilevi la circostanza che essi derivino da promozioni non automatiche ma di merito. Ed ecco che in base a tale assunto è suscettibile di modifica e revisione l’importo dell’assegno di divorzio in caso di contrazione dei redditi per il venir meno del lavoro straordinario ovvero in caso di aumento reddituale dovuto alla maggiorazione dell’orario di lavoro.

In conclusione, sono da escludersi dalla valutazione reddituale ai fini della determinazione dell’assegno di divorzio i soli miglioramenti reddituali che scaturiscono da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto ed alle aspettative maturate nel corso del matrimonio ed aventi carattere di eccezionalità, in quanto connessi a circostanze ed eventi del tutto occasionali ed imprevedibili (Cass. Civ. 5720/1997).

Le stesse indennità di alloggio e di servizio goduto dal coniuge sono da considerarsi nella determinazione delle attuali disponibilità dell’obbligato e nel giudizio di valutazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (Cass. Civ. 2690/2010).

Da ultimo, quanto al conto corrente cointestato, si chiarisce che la somma depositata si presume, ex art. 1298 c.c., di proprietà dei coniugi in parti uguali, salvo che ricorrano elementi tali da provare l’esclusiva appartenenza del saldo ad uno solo dei coniugi quali: la precedente intestazione al coniuge di un conto con depositi superiori, la brevissima durata del matrimonio, l’impossibilità di risparmi familiari apprezzabili (Cass. Civ. 1087/00).

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