IL SOLE-24 ORE - AFFIDO CONDIVISO, A RISCHIO SULL'ASSEGNO
Più che probabili le difficoltà nella precisazione del criterio di proporzionalità
DI PIERO SCHLESINGER*
Una delle leggi di maggiore rilevanza entrata in vigore proprio allo scadere della legislatura appena ultimata, e che molta eco ha suscitato nelle famiglie coinvolte, particolarmente numerose, in quanto applicabile a genitori separati di figli minorenni, sostituisce al sistema precedente - che attribuiva al giudice il compito di scegliere uno solo dei genitori, quello considerato il più adatto, per affidargli la cura della prole, riducendo significativamente poteri e diritti di chi restava escluso dall'affidamento - una disciplina sostanzialmente capovolta, che introduce per le coppie in lite, purtroppo molto frequenti, preminenza per un affidamento "condiviso", onde attuare così anche nel nostro Paese, in conformità alla tesi ormai maggioritaria quasi dappertutto, il principio della cd. "bigenitorialità",secondo cui mportante cercare di assicurare e protrarre per i figli minori una presenza equilibrata e paritaria, nella loro crescita, di entrambi i genitori.
Ottimo il risultato di fondo perseguito, pessima la normativa adottata, ambigua, contorta, non diminuirà, come si sperava, il contenzioso, al contrario, è prevedibile, ne determinerà un preoccupante incremento, qualora i genitori non sappiano orientarsi rapidamente verso soluzioni negoziate. Ma purtroppo la legge sembra suggerire che di qualsiasi dissenso, anche bagatellare, debba occuparsi il giudice, accrescendone l'ingerenza e accreditandolo di capacità di intervento con equilibrio e giustizia, che rappresentano solo miti destinati ad accrescere delusioni, risentimenti, amarezze e speranze di vendetta.
Uno dei terreni su cui la conflittualità nella coppia tenderà non a comporsi, ma ad esasperarsi, sarà ovviamente quello relativo alla ripartizione degli oneri economici. Finora vigeva la prassi che il giudice fissava in favore (ove bisognoso di un contributo per il mantenimento della prole) del coniuge affidatario - di regola, in percentuali non lontane dal 90%, la madre - un assegno globale mensile, calcolato per provvedere a tutto quel che fosse considerato necessario per la cura dei bimbi, provocando nel padre l'impressione di essere ridotto al ruolo di mero ufficiale pagatore, senza poteri di influire sulle scelte materne in merito alla destinazione di quegli importi. Anche la nuova legge ribadisce che - salvo che intervengano accordi in proposito tra i genitori, e bisogna augurarsi che si diffonda una preziosa educazione in questa direzione - dovrà essere ancora il giudice a fissare &la misura e il modo con cui padre e madre devono contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli»: ma applicando quali criteri i Tribunali (che come ben sappiamo in genere non riescono a far funzionare celermente l'amministrazione della Giustizia) potranno stabilire l'entità e le modalità di siffatta distribuzione tra i genitori del relativo carico economico ? In primo luogo - ci dice la nuova disciplina - ciascuno dei due dovrà provvedere in modo diretto «al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito» (cercando di evitare, o di ridurre al minimo, l'odiato, dai padri, "assegno" globale da versare mensilmente alla non più amata moglie o compagna). Giustamente i fautori della riforma lamentano che «il meccanismo del mantenimento diretto non tato compreso», cercando di spiegare che si vorrebbe, col nuovo sistema, che il padre «si prenda cura lui del bimbo, che i contatti appartengano alla sua quotidianità e che le necessità del piccolo siano soddisfatte perché direttamente osservate e non delegate all'altro genitore». Ben detto e conforme ad una aspirazione nobile e comprensibile. Ma rimane lo spiacevole incombente materiale di ottenere, quando manca la comprensione reciproca e la capacità di raggiungere tra padre e madre, nell'interesse dei figli da allevare,
compromessi ragionevoli, che entrambe le borse - guidate dalla mano di un arbitro, il giudice, che non ha tempo e non ha strumenti, se non assurdamente dispendiosi, per venire a sapere quali siano le reali condizioni dei contendenti - diano complessivamente quel che occorre, senza sprechi, dispetti, liti e recriminazioni senza fine! Ed ecco allora infiniti problemi: qual l reddito di ciascuno dei genitori? Come lo si determina? e chi tiene la contabilità di quanto ciascuno spende - a sua scelta e discrezione - per i bimbi? E come si determina quel rapporto "di proporzionalità" con cui sia il padre che la madre hanno l'obbligo di intervenire per far misurare la quota con cui entrambi devono contribuire al costo totale che il mantenimento complessivo impone alla famiglia, e che in mancanza di collaborazione non consente la previa individuazione della politica da attuare per privilegiare l'ordine di preferenze da attuare? La legge stabilisce che il giudice può stabilire - ma soltanto quando lo valuti necessario per assicurare al genitore con minori disponibilità mezzi adeguati per raggiungere il livello indispensabile, nel rispetto del già ricordato principio di proporzionalità - &la corresponsione di un assegno periodico», che, di regola, sarà accollato al padre a favore della madre, perpetuando la consueta diatriba tra maschi e femmine!
Nel considerare questi profili e condividere il pessimismo diffuso sulla speranza che in tempi brevi si diffonda tra i genitori - apparentemente più occupati a farsi la guerra e a litigare, che non a cercare di esercitare ragionevolezza e buon senso, imparando che frutta di più, anche in questo caso, la pace e l'accordo, che non l'odio, la rabbia, lo scontro - una maggiore propensione a ricercare pazientemente soluzioni di compromesso, non si possono non capire le ragioni, diffuse soprattutto tra le donne, di ostilità alla novità legislativa, spesso viceversa esaltata un po' superficialmente da maschi da lungo tempo in attesa di una rivincita forse troppo desiderata.
Nel disegno di legge che ha preceduto l'approvazione del progetto si era giustamente fatto spazio all'idea che avrebbe potuto giovare alla nuova disciplina la sollecitazione di un aiuto da cercare presso professionisti in grado di esercitare una "mediazione familiare" imparziale e neutrale, che ha dato frutti interessanti in taluni Paesi stranieri. Ma anche su questo punto il nostro legislatore non ha avuto la mano felice ed un intervento di questo tipo tato raccomandato con forme talmente poco accorte da averne imposto la rinuncia, onde evitare che l'intera proposta di legge ne venisse travolta. Gli aspetti positivi dell'introduzione come regola di un affidamento condiviso appaiono di tale importanza da consentire di valutare la legge come un fatto da salutare con grande favore e da imporre a quanti saranno impegnati nel non facile compito di curarne il rodaggio (e presto, c'è da augurarsi, anche un miglioramento) - e parliamo soprattutto dei magistrati, ma non solo, anche degli avvocati, degli psicologi, dei servizi sociali, ecc. - un contributo di particolare intensità, da svolgere possibilmente con la consapevolezza che si potrebbe conseguire un risultato di notevole rilievo sociale e morale.
* Docente di Diritto privato
Università Cattolica di Milano
FONTE IL SOLE-24 ORE del 22 marzo 2006