Cassazione - Scioglimento della comunione tra i coniugi - Immobile adibito a casa familiare
CORTE DI CASSAZIONE; Sentenza n. 18883 del 28 settembre 2005; Seconda Sezione Civile; Pres. Corona; Est. Mazzacane.
Caso giudiziale. : Il marito conviene in giudizio la moglie e, premessa la loro separazione personale pronunciata dal locale tribunale, chiede lo scioglimento della comunione relativa ad un immobile, oggetto di comproprietà in parti uguali, già adibito a casa familiare ed assegnato alla moglie nel giudizio di separazione. La moglie si costituisce e si oppone alla richiesta del marito, stante l'esistenza del citato provvedimento di assegnazione in suo favore, chiedendo quantomeno la sospensione del giudizio in attesa del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio. Il tribunale accoglie la domanda del marito, dichiara sciolta la comunione ed assegna l'immobile al marito, condannandolo a corrispondere alla moglie una determinata somma di danaro, quale valore della quota di sua spettanza.
Scioglimento della comunione tra i coniugi - Immobile adibito a casa familiare - Esistenza del provvedimento di assegnazione della casa familiare ad uno dei due coniugi - Irrilevanza.
L'assegnazione della casa familiare da parte del giudice della separazione personale dei coniugi o del giudice del divorzio si pone come provvedimento accessorio alla pronuncia di separazione personale o a quella di scioglimento del vincolo matrimoniale, tenendo a regolare i rapporti tra le parti con riferimento all'utilizzazione dell'immobile dove essi avevano vissuto in regime di convivenza ed esaurendo quindi i suoi effetti in tale contesto, senza alcun riflesso sulla proprietà del bene (1) (2).
(1) Vedi: 7680-1997; 11508-1993.
(2) Nella specie, la S.C., in applicazione del riferito principio di diritto, confermava la sentenza della Corte territoriale, secondo la quale l'oggetto del giudizio riguardante lo scioglimento della comunione tra le parti, avente ad oggetto un immobile che era stato utilizzato in regime di convivenza come casa coniugale, è del tutto autonomo e diverso rispetto sia al giudizio di separazione personale dei coniugi che al giudizio di divorzio; tenuto conto che lo scioglimento della comunione è regolato esclusivamente dalle norme dettate dal codice civile in materia di divisione, senza quindi che in proposito possa avere alcuna incidenza un pregresso provvedimento di assegnazione della casa familiare all'una o all'altra parte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 9.12.1991 *** *** conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la propria moglie *** *** e, premesso che lo stesso Tribunale con sentenza del 30.4.1991 aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi, chiedeva dichiararsi lo scioglimento della comunione relativamente all'immobile sito in ***, Via *** n. **, oggetto di comproprieta' in parti uguali, con conseguente assegnazione in natura a ciascuno dei comunisti della quota di relativa spettanza.
Si costituiva in giudizio la convenuta chiedendo il rigetto della domanda; in via subordinata chiedeva accertarsi la indivisibilita' del bene.
Con sentenza del 18.11.1998 l'adito Tribunale dichiarava sciolta la comunione assegnando l'immobile per l'intero al ***, che condannava a corrispondere alla *** la somma di lire 175.296.000 quale valore della quota di sua spettanza.
A seguito di impugnazione da parte della *** cui resisteva il *** che proponeva appello incidentale, la Corte di Appello di Roma con sentenza del 21.3.2001 rigettava entrambi gli appelli e compensava interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
La Corte territoriale, per quanto ancora interessa in questa sede, riteneva infondata la censura dell'appellante principale secondo cui il giudice di primo grado, nell'attribuire il suddetto immobile al ***, aveva trascurato la circostanza che la *** era gia' assegnataria di tale immobile, costituente la casa coniugale, in virtu' della menzionata sentenza del Tribunale di Roma che aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi; invero il giudizio di separazione personale dei coniugi aveva un oggetto autonomo e diverso da quello presente relativo allo scioglimento della comunione, cosicche' ogni questione relativa alla assegnazione dell'alloggio quale casa coniugale avrebbe dovuto essere proposta con l'impugnazione della sentenza del Tribunale di Roma del 9.11-1998 che aveva dichiarato cessati gli effetti civili del matrimonio celebrato tra le parti.
Il Giudice di Appello poi rilevava la tardivita' della domanda di assegnazione ex art. 720 c.c. formulata dalla *** solo nella comparsa conclusionale, tardivita' correttamente rilevata d'ufficio dal giudice di primo grado, attesa la natura perentoria dei termini cui sono soggette le domande e le eccezioni.
Infine la Corte territoriale evidenziava che il *** in sede di procedimento di inibitoria ex art. 351 c.p.c. si era dichiarato favorevole alla assegnazione dell'intero cespite alla ***, e che peraltro quest'ultima aveva dichiarato di non poter far fronte in tempi brevi al pagamento del conguaglio in favore dell'ex coniuge.
Per la cassazione di tale sentenza la *** ha proposto un ricorso articolato in due motivi cui il *** ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione dell'art. 6 n. 6 della l. 1.12.1970 n. 898, censura la sentenza impugnata per non aver considerato che il giudizio di separazione personale dei coniugi intercorso tra le parti si era concluso con sentenza del Tribunale di Roma passata in giudicato che aveva assegnato la casa coniugale alla ***; aggiunge inoltre che il giudice di appello, nel ritenere che la questione relativa all'assegnazione dell'appartamento quale casa coniugale avrebbe dovuto essere proposta con l'impugnazione della sentenza del Tribunale di Roma del 9.11.1998 che aveva dichiarato cessati gli effetti civili del matrimonio celebrato tra le parti, non ha tenuto conto che avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 21.4.2000 che aveva rigettato il gravame avverso la sopra menzionata sentenza del Tribunale di Roma, l'esponente aveva proposto ricorso per Cassazione iscritto al n. 6533/2001 sul quale non era ancora intervenuta una decisione; la ricorrente rileva quindi che la precedente sentenza che aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi con assegnazione della casa coniugale alla *** fa ancora stato e che comunque si impone quantomeno la sospensione del presente giudizio in attesa della decisione di questa stessa Corte sul ricorso sopra richiamato.
Infine la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata ha ignorato l'esistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'assegnazione della casa coniugale e' finalizzata a garantire tra l'altro l'equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi e la tutela del coniuge piu' debole.
La censura e' infondata.
Il Giudice di Appello ha evidenziato la diversita' e l'autonomia del giudizio di separazione personale tra coniugi rispetto al presente giudizio ed ha aggiunto che ogni questione relativa alla assegnazione dell'alloggio quale casa coniugale avrebbe dovuto essere proposta con impugnazione specifica avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva dichiarato cessati gli effetti civili del matrimonio celebrato tra le parti.
Tale impostazione e' corretta, posto che l'assegnazione della casa familiare nell'ambito del giudizio di separazione personale dei coniugi o anche di quello divorzile e' vicenda estranea al presente giudizio.
Invero l'assegnazione della casa familiare da parte del Giudice della separazione personale dei coniugi o del giudice del divorzio si pone come provvedimento accessorio alla pronuncia di separazione personale o a quella di scioglimento del vincolo matrimoniale, tenendo a regolare i rapporti tra le parti con riferimento alla utilizzazione dell'immobile dove essi avevano vissuto in regime di convivenza ed esaurendo quindi i suoi effetti in tale contesto, senza alcun riflesso sulla proprieta' del bene; giova a tale ultimo proposito osservare che invero il provvedimento di assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi all'esito del procedimento di separazione personale non e' idoneo a costituire un diritto reale di uso o di abitazione a favore dell'assegnatario, ma solo un diritto di natura personale (Cass. 22.11.1993 n. 11508; Cass. 18.8.1997 n. 7680).
Da tali considerazioni si deduce chiaramente che l'oggetto del presente giudizio, riguardante lo scioglimento della comunione tra le parti avente ad oggetto un immobile che era stato utilizzato in regime di convivenza come casa coniugale, e' del tutto autonomo rispetto sia al giudizio di separazione personale dei coniugi che al giudizio di divorzio; invero lo scioglimento della comunione e' regolato esclusivamente dalle norme dettate dal Codice Civile in materia di divisione, senza quindi che in proposito possa avere alcuna incidenza un pregresso provvedimento di assegnazione della casa familiare all'una o all'altra delle parti.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli articoli 184 e 345 c.p.c. e 720 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto tardiva la domanda di assegnazione ai proprietari ex art. 720 c.c. formulata dalla ricorrente soltanto nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di primo grado; in proposito la ricorrente richiama l'orientamento giurisprudenziale secondo cui nel giudizio di divisione di un immobile non divisibile la richiesta di attribuzione dell'immobile per intero con eventuale addebito dell'eccedenza in valore costituisce solo una modalita' di attuazione della divisione, con la conseguenza che tale domanda, anche se avanzata per la prima volta in appello, non costituisce una domanda nuova, ma si risolve in una specificazione di quella, comune a tutte le parti, rivolta a porre fine allo stato di comunione.
La censura e' infondata.
Invero, pur dovendosi aderire all'indirizzo consolidato di questa Corte sopra richiamato con riferimento alla proponibilita' per la prima volta anche nel giudizio di appello della richiesta di attribuzione di un intero immobile ai sensi dell'art. 720 c.c. sul presupposto della sua indivisibilita' (vedi tra le piu' recenti pronunce in tal senso Cass. 28.3.1995 n. 3672; Cass. 2.6.1999 n. 5392), deve peraltro rilevarsi che la ricorrente non ha censurato l'ulteriore affermazione del Giudice di Appello secondo cui il ***, in sede di procedimento di inibitoria ex art. 351 c.p.c., si era dichiarato favorevole alla assegnazione dell'intero cespite alla ***, la quale peraltro aveva esplicitamente dichiarato di essere nella materiale impossibilita' di far fronte in tempi brevi al pagamento del conguaglio in favore della controparte.
Tale rilievo e' decisivo in quanto la richiamata statuizione, evidenziando la mancanza di una condizione necessaria all'accoglimento della domanda della *** per l'assegnazione in suo favore della proprieta' dell'immobile per cui e' causa (ovvero l'offerta del pagamento del conguaglio alla controparte), si configura come una ragione autonomamente idonea a sorreggere la decisione impugnata.
Il ricorso deve quindi essere rigettato; ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.
Cosi' deciso in Roma, il 22 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2005.