Affido condiviso: papà alla riscossa, ondata di ricorsi - da Il Messaggero
L’inchiesta/ Primo bilancio sulla riforma approvata due mesi fa. Giudici divisi: c’è chi rifiuta l’applicazione della legge se c’è conflittualità tra i genitori
di ANNA MARIA SERSALE dell'08/05/2006
ROMA - Sui figli si decide in due, alla pari. E’ questo il succo della legge sull’affido condiviso che ha voluto ristabilire, anche in caso di separazione e divorzio, il principio della bi-genitorialità. I figli si mettono al mondo in due, e in due vanno allevati, a prescindere dai conflitti personali e dalle liti, che portano alla rottura del matrimonio. Il discorso non fa una piega. E moltissime coppie, sfruttando il valore retroattivo della legge varata due mesi fa, anche se avevano già definito i patti di separazione stanno rimettendo tutto in discussione. In prima linea ci sono i padri, prima costretti ad accontentarsi di un esiguo 10-15% di affidamento della prole. Molti di loro chiedono la parità. «Considerato che i figli dei separati sono un milione sui Tribunali d’Italia potrebbe abbattersi un’ondata straordinaria di vertenze», lo affermano gli avvocati specializzati in diritto di famiglia e molte associazioni di ex. «Le vertenze riguardano soldi, casa e potestà genitoriale. Questi i tre punti che la gente vuole contrattare di nuovo - sostiene Maria Luisa Missiaggia, avvocato specializzato in mediazione familiare - Molti vengono a studio e chiedono di presentare ricorso per ottenere l’esercizio della potestà congiunta, previsto dalla nuova legge. Ma ci sono anche padri che s’illudono di non dover più corrispondere soldi dal momento che l’assegno di mantenimento è stato sostituito dal contributo diretto (anche loro avranno i figli), ma se il tempo di permanenza dal padre non sarà paritario con quello della madre ci sarà comunque un assegno perequativo da versare».
«Noi facciamo da filtro ma i Tribunali rischiano di andare in tilt - racconta Giorgio Vaccaro, altro avvocato esperto di mediazione familiare - La gente vuole rivedere anche gli accordi per la casa, altro tasto delicatissimo, e bussa agli studi legali. La riforma prevede che se uno dei genitori, al quale è stata assegnata la casa coniugale, si risposa o inizia una convivenza è possibile riconsiderare l’assegnazione. Certo, noi spieghiamo che non c’è nulla di automatico e che il giudice potrebbe anche confermare la precedente decisione. Ma chi si fa sfuggire un’occasione del genere? Nonostante il freno degli avvocati le controversie montano e i tempi della giustizia si sono già allungati». «Le prime udienze - sottolinea l’avvocato Missiaggia - sono state fissate a sei mesi. C’è una grande confusione e c’è anche il rischio di “spaccare” il bambino quando padri e madri s’impuntano sui tempi di permanenza alla pari».
Intanto nei Tribunali ci sono molte sorprese. A Palermo, Perugia e Bari sono fioccati i primi no; a Modena, Firenze e Alba sono arrivati i primi sì. «Ci sono Tribunali - afferma Giorgio Ceccarelli, dell’Associazione Figli negati - che stanno ignorando l’affidamento condiviso e applicano la vecchia legge. Ma se le liti vengono considerate un impedimento al ruolo paritario dei genitori allora non cambierà mai nulla». Ma forse è un periodo di transizione. Per affrontare i tanti nodi e per evitare l’intasamento delle aule di giustizia in alcune città i giudici hanno scambi continui con gli avvocati. Al Tribunale di Roma Alberto Bucci, presidente della Sezione famiglia e Diritti della personalità, dice: «Un qualche aumento dei ricorsi c’è, ma non prevediamo alcuna emergenza. Gli avvocati sono molto riflessivi e orientano le parti. Eppoi, non tutti stanno chiedendo l’affido condiviso». Ma non è previsto dalla legge? «Sì, però non è obbligatorio - aggiunge il giudice Bucci - dipende dall’accordo tra i due ex. In ogni caso può non essere praticabile se ci si trova in presenza di alti livelli di conflittualità. La legge? Non può essere una etichetta, deve cambiare il modello culturale della famiglia».
Sul principio di parità si erano dichiarati tutti d’accordo. Per primi i padri che ora sperano di non essere più dei bancomat, quelli che la domenica e nei giorni comandati andavano in visita al figlio, senza mai avere voce nelle sue scelte di vita. Le madri, poi, hanno capito che non era giusto avere l’esclusiva. Tuttavia il primo bilancio sull’attuazione della legge (la 54 in vigore dal 16 marzo) mette in luce non pochi problemi. «Ci sono dei casi in cui, con la scusa della conflittualità, il principio della bigenitorialità non è garantito - sostiene con sconcerto Marino Maglietta, “padre” della riforma, presidente dell’Associazione Crescere Insieme, di fatto estensore del testo base e ora autore di un libro-guida - E’ colpa dei retaggi della vecchia cultura. Molti non hanno capito che la conflittualità riguarda il rapporto tra i due, non le carenze in quanto padri e madri. Solo una reale inadeguatezza e gravi motivi possono giustificare l’affido monogenitoriale».