Cassazione: attaccarsi al campanello dell'ex moglie è molestia
Roma, 13 mag. – Tempi duri per i padri separati. Una nuova sentenza della Cassazione infatti ha condannato un papà per il reato di molestie, perché l’uomo, pur di vedere il figlio, si era attaccato ripetutamente al citofono della casa della ex moglie ''suonando in modo continuo''. E per questo motivo i giudici di piazza Cavour lo hanno condannato in base all’articolo 660 del codice penale.
I fatti risalgono al febbraio del 2003 e riguardano una coppia separata di Firenze. Vincenzo T., 48 anni era andato presso l’appartamento della ex moglie Daniela L., dove la donna vive con il nuovo compagno per ''prelevare e tenere con sé quella giornata il figlio Luca''. Di fronte però al rifiuto della donna, Vincenzo ''aveva azionato il campanello in modo continuo, per circa cinque-dieci minuti'' senza ottenere il risultato sperato. E così aveva fatto il giorno seguente, tanto che la donna dapprima aveva chiesto l’intervento delle forze dell’ordine e poi l'aveva denunciato. Nel febbraio di due anni dopo la prima sentenza emessa dal Tribunale monocratico di Firenze che aveva assolto l’uomo dal reato di molestie ''perché il fatto (attaccarsi al citofono, ndr) non è previsto dalla legge come reato''.
Naturalmente l’ex moglie con il nuovo compagno mal hanno digerito la decisione del Tribunale di Firenze e si sono rivolti alla Cassazione, chiedendo la condanna per molestie dell’ex marito. Ricorso che la Prima sezione penale ha accolto, facendo presente che il reato che punisce le molestie ''sussiste tanto nel luogo in cui l’agente si trovi in luogo pubblico o aperto al pubblico e il soggetto passivo in luogo privato, quanto nell’ipotesi in cui la molestia venga arrecata da un luogo privato nei confronti di chi si trovi in un luogo pubblico o aperto al pubblico''.
Nessuna attenuante è stata concessa al papà rispetto al motivo che lo aveva indotto ad ‘attaccarsi’ al campanello, cioè la volontà di prelevare il figlio. La Suprema Corte, con sentenza 15026, ha evidenziato infatti che il gesto fatto con ''coscienza e volontà'' aveva un unico fine: ''provocare il disturbo in luogo pubblico'' attraverso ''l’uso del citofono, mezzo di comunicazione analogo al telefono''.
Pertanto, sulla base di questo principio, la Cassazione ha annullato l’assoluzione accordata al padre separato, disponendo che sia ora la Corte d’Appello di Firenze a ripronunciarsi sul reato di molestie ''uniformandosi al principio di diritto esposto''.
L'Associazione : non ci resta che essere ancora più uniti dinanzi a questi casi di disumana ingiustizia