Papa' Separati Lombardia

Affido Condiviso, assenze alternate. Non è necessario essere conviventi

di Luigi Caiazza

I padri tornano in pista sui congedi e sulle assenze dal lavoro per i figli.

La L. n.54/2006 che detta disposizioni in materia di separazione dei genitori e affido condiviso, modificando l’art. 155 e seguenti del C.C., “rivoluziona” il ruolo dei padri i quali, per la quasi totalità, si sono visti esclusi finora dall’affidamento dei figli in caso di separazione.

Infatti, negli anni, è divenuta la norma in caso di separazione individuale dei coniugi, quella che i figli fossero affidati esclusivamente alla “cura” della madre.

La disciplina lavoristica. La conseguenza, in materia lavoristica, era l’esclusione del padre lavoratore dal campo di applicazione della normativa sulla tutela della maternità e della paternità, nonché dalle particolari disposizioni in caso di presenza di figli portatori di handicap grave o in caso di precedente adozione od affidamento.

Il nuovo articolo 155 C.C., inverte, ora, questo principio provvedendo a riconoscere innanzi tutto l’affido del minore alle “cure” di entrambi i genitori con la conseguente possibilità di riconoscimento dei benefici da cui finora erano esclusi. L’equiparazione dei due genitori si evince implicitamente dal contenuto del nuovo art. 155-quinquies il quale estende ai figli maggiorenni portatori di handicap le disposizioni previste dalla L. n.104/92, in favore dei figli minori.

Maternità e paternità. Se il legislatore ha operato questa estensione di favore limitatamente ai figli maggiorenni, è perché ritiene già operante la normativa per i figli minori portatori di handicap grave e, per la stessa ragione, dà per scontata l’applicazione della normativa sulla tutela della maternità e la paternità e quella connessa dell’adozione e dell’affidamento.

La stessa interpretazione scaturisce anche dalla novità introdotta sempre dall’art. 155 C.C. allorché stabilisce che il giudice "valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori".

Pertanto la separazione personale dei coniugi, seppure ha conseguenze sull’unione matrimoniale, non determina, di norma, effetti nei confronti del figlio minore il quale continuerà a dipendere dalla "potestà genitoriale esercitata da entrambi i genitori", che potrà, in tal caso, scindersi dalla legge di tutela della maternità e della paternità e da quelle ad essa correlate.

Non è necessario esser conviventi.
Le assenze retribuite.
:La legge sull’affido condiviso dei figli in caso di separazione dei genitori, in vigore dal 16 marzo 2006, introduce importanti novità anche in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità. Il provvedimento modifica, in particolare, l’art. 155 C.C. e stabilisce che l’affidamento dei figli, che prima andava esclusivamente alla madre (nell’85% circa dei casi) sarà di entrambi i genitori. Il figlio minore ha il diritto di "ricevere cura" da entrambi, con il conseguente dovere da parte della madre e del padre di "contribuire alla cura dello stesso".

L’affidamento esclusivo a un solo genitore (art. 155-bis) diviene ora l’eccezione, perciò si ritiene che entrambi i genitori anche in caso di separazione personale potranno continuare a beneficiare della normativa sulla tutela della maternità e la paternità disciplinata dal Testo Unico n. 151/2001, non essendo prescritta in nessuno dei casi che seguono, la convivenza.

I benefici previsti dal Testo Unico sono molteplici e riguardano:
Il congedo di paternità:
- pari alla durata del congedo di maternità, riconosciuto in caso di contemporanea grave infermità della madre;
- in sostituzione del congedo di maternità, riconosciuto quando non sia stato chiesto dalla madre, in caso di adozioni o affidamenti.
Il congedo parentale:
- diritto anche per il padre lavoratore di astenersi dal lavoro, dalla nascita del figlio e fino ai primi 8 anni di vita, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 mesi;
- il diritto al prolungamento, in alternativa alla madre, del congedo parentale fino a 3 anni in caso di minore portatore di grave handicap, ovvero a due ore di riposo giornaliero retribuito;
- diritto di fruire del congedo parentale anche in caso di adozione e di affidamento, per i primi 3 anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. Riposi giornalieri:
- riconoscimento al padre lavoratore del diritto a due periodi di riposi giornalieri della durata di un’ora ciascuno, durante il primo anno di vita del bambino. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore.
Questi riposi sono dovuti:
- in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
- nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente (casalinga, disoccupata o lavoratrice autonoma);
- in caso di grave infermità della madre.

Riposi e permessi con figli con handicap grave:
- diritto della lavoratrice madre, in alternativa al lavoratore padre, anche adottivi, al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap grave, a fruire di 3 giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa;
- diritto della lavoratrice madre, in alternativa al lavoratore padre, al raggiungimento della maggiore età del figlio portatore di handicap grave, a fruire di 3 giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa, a condizione che sussista convivenza con il figlio, ovvero che l’assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva. Congedi per malattia del figlio:
- entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 3 anni;
- ciascun genitore, alternativamente, ha diritto di astenersi dal lavoro nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i 3 e gli 8 anni.

Non si ritengono applicabili i benefici previsti per la limitazione del lavoro notturno che vengono riconosciuti, seppure in alternativa, in caso di convivenza tra i due genitori, ovvero quando la lavoratrice o il lavoratore sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni.

Da Il Sole 24ORE del 27 marzo 2006 - PAG 33

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